L’esame degli strumenti di prevenzione e contrasto dell’evasione fiscale predisposti per il 2016 dagli organi di controllo, agenzia delle Entrate e Guardia di finanza fornisce un quadro della strategia che dovrebbe garantire il recupero delle imposte indebitamente non versate e produrre un valido effetto deterrenza.
Una riflessione su questo fenomeno non può prescindere dall’analisi dei danni ingenti provocati dall’evasione, non solo per la mancata affluenza di parte del gettito nelle casse dello Stato, ma anche per l’iniquità distributiva, il forte freno alla crescita, la riduzione delle risorse per le politiche sociali, l’alimentazione della corruzione, l’alterazione dei meccanismi di mercato e della concorrenza, e, infine, perché si traduce in maggiori imposte per chi le paga.
La lotta all’evasione, la riduzione del tax gap, il riallineamento con i principali Paesi europei in tema di tax compliance, sono dunque obiettivi prioritari che necessitano di un’azione incisiva dei controlli e di indirizzi chiari ed efficaci nella ricerca della base imponibile sottratta al fisco. Questa appare la direzione presa dall’agenzia delle Entrate, che il 28 aprile ha emanato la circolare 16/E per diffondere le proprie strategie operative e le aree d’intervento su cui concentrerà i propri sforzi. Un meccanismo che si dovrà coordinare e confrontare con l’attività sul campo della Guardia di finanza, le cui linee guida sono state indicate nei documenti riguardanti la programmazione operativa per i controlli dell’anno in corso, diffusi nel dicembre scorso e a metà aprile.

Molti i punti cardinali in comune: prestare attenzione ai fenomeni di evasione di maggior rilievo; tralasciare la correzione e la sanzione degli errori involontari; utilizzare in modo sempre più integrato ed evoluto le banche dati; favorire l’adempimento spontaneo; combattere le frodi in maniera più efficace, con maggiore tempestività e una capillare copertura territoriale; contrastare le forme di evasione ed elusione internazionale sfruttando al meglio la collaborazione con le amministrazioni finanziarie degli altri Paesi.
Alcune tematiche su cui le strategie delle Entrate e della Guardia di finanza sembrano non coincidere sono l’attenzione che solo la prima continua a focalizzare sugli studi di settore e il forte divario nell’utilizzo del redditometro. Uno dei cavalli di battaglia dello scorso anno per l’Agenzia trova nella circolare in esame solo pochi accenni, mentre costituisce per la Guardia di finanza un importante strumento su cui basare la politica dei controlli, tanto da farne l’oggetto specifico della circolare pubblicata il 14 aprile. Appare peraltro molto interessante il funzionamento del portale Fisco (Funzioni Integrate di Supporto ai COntrolli) per l’applicazione dello spesometro integrato, un buon esempio di tecnologia al servizio degli accertamenti, grazie al quale si potrà testare realmente la capacità di reperire informazioni rilevanti attraverso l’incrocio delle numerose banche dati con le liste di controllo a disposizione dell’amministrazione finanziaria.

Andrebbe invece rivista l’attenzione su strumenti di determinazione del reddito forfetari come gli studi di settore che, anche a causa della perdurante congiuntura economica negativa, hanno perso gran parte della loro attendibilità e rischiano di costituire una tassazione occulta per le piccole imprese già colpite dalla crisi.
Il denominatore comune dei documenti predisposti dall’agenzia delle Entrate e dalla Guardia di finanza è l’impegno verso un concreto cambio di passo nei rapporti fisco-contribuente. Nelle intenzioni dichiarate i cittadini dovrebbero finalmente percepire la correttezza e la proporzionalità dell’azione dei funzionari dello Stato insieme a un modo di interagire caratterizzato da attenzione per le ragioni del contribuente e privo di preconcetti. I pilastri di questi buoni propositi sono rappresentati dal rispetto e dalla fiducia reciproca, dalla semplicità delle regole e dalla trasparenza. Questi obiettivi, da anni oggetto anche di raccomandazioni da parte dell’Ocse, sono però ancora molto lontani dalla realizzazione. Si percepisce, tuttavia, che l’amministrazione finanziaria comincia seriamente a chiedersi come coniugare una maggiore tax compliance con una persistente e radicata cultura di alcuni verificatori, talvolta basata sul sospetto, sulla interpretazione spesso distorta di regole ancora inutilmente troppo complesse, sulla mancanza di collaborazione realmente volta a supportare il contribuente e non a sanzionarlo.

Anche a causa delle esigenze di gettito, dettate dal difficile equilibrio delle nostre finanze pubbliche, i dirigenti e i funzionari preposti alle verifiche tributarie sono spesso pressati da budget da rispettare (anche se l’Agenzia nega questo automatismo) che mettono a dura prova i propositi di un atteggiamento imparziale e trasparente.
Suonano quindi ancora un po’ utopistici alcuni degli obiettivi contenuti nel documento sugli indirizzi generali di contrasto all’evasione redatto dalla Guardia di finanza, quali: il sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi, il rafforzamento delle occasioni di dialogo preventivo fra fisco e contribuente, la realizzazione di un sistema normativo connotato da chiarezza, certezza e stabilità. Intensificare la comunicazione non basta per creare un legame di fiducia e rispetto con il cittadino; per ottenere questo è necessario cambiare mentalità, modificare l’approccio, sapersi calare nei panni dell’altro (come affermato dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi), poter modulare le sanzioni ai diversi casi, evitando di punire gli errori o le disattenzioni, indipendentemente dalle dimensioni. La lotta all’evasione, deve anche essere l’occasione per dimostrare una diversa maturità dell’amministrazione finanziaria e far percepire ai cittadini un maggiore livello di equità. Il processo di crescita del Paese passa da questa strada.

Il Sole 24 Ore Angelo Cremonese